In caso di incidente a
causa del quale il terzo trasportato abbia subito delle lesioni, se quest’ultimo non indossava
la cintura di sicurezza entra in campo una diversa valutazione delle
responsabilità. Infatti, oltre al trasportato, anche il conducente è sempre
responsabile del mancato utilizzo di questo strumento finalizzato alla
sicurezza della persona trasportata. Si profila quindi una corresponsabilità tra
i due soggetti: l’uno, il trasportato, per non aver usato correttamente la
cintura di sicurezza come previsto dalle norme vigenti, l’altro, il conducente,
per aver permesso questa omissione.
Infatti,
per giurisprudenza ormai consolidata, il conducente, prima di
mettere in circolazione il veicolo, deve accertarsi che questa avvenga nel
rispetto ed osservanza delle norme di prudenza e sicurezza previste dal Codice
della Strada, ma anche il passeggero che non si attiene a tali norme accetta i
rischi del suo comportamento omissivo.
In
ogni caso il mancato utilizzo da parte del trasportato della cintura di
sicurezza non può comportare l’esclusione totale di un eventuale risarcimento
sia perché, trattandosi di danni fisici, il comportamento del trasportato non
può intendersi come un consenso a subire una lesione, sia perché tale
comportamento non esclude la responsabilità del conducente.
In
concreto, il mancato uso della cintura da parte del trasportato comporta una
riduzione proporzionale della somma dovuta a titolo di risarcimento dei danni
subiti (che può essere generalmente , salvo casi specifici, ricondotta ad un 25
- 30% del totale), ma a pieno titolo egli potrà richiedere il risarcimento alla
Compagnia di assicurazione del veicolo sul quale stava viaggiando per la
percentuale residua.
Per
chi volesse approfondire tale argomento si rimanda alle ordinanze della Corte
di Cassazione:
Cassazione
civile n. 4993 del 11.3.2004
“Quindi,
qualora la messa in circolazione dell’autoveicolo, in condizioni di insicurezza
(e tale è la circolazione del veicolo, senza che il trasportato abbia
“allacciato le cinture di sicurezza”), sia ricollegabile all’azione od
omissione non solo del trasportato, ma anche del conducente (che prima di
iniziare o proseguire la marcia deve controllare che essa avvenga in conformità
delle normali norme di prudenza e sicurezza), fra costoro si è formato il
consenso alla circolazione medesima con consapevole partecipazione di ciascuno
alla condotta colposa dell’altro ed accettazione dei relativi rischi; pertanto
si verifica un’ipotesi di cooperazione nel fatto colposo, cioè di cooperazione
nell’azione produttiva dell’evento (diversa da quella in cui distinti fatti
colposi convergano autonomamente nella produzione dell’evento). In tale
situazione, a parte l’eventuale responsabilità verso i terzi, secondo la
disciplina dell’art. 2054 c.c., deve ritenersi risarcibile, a carico del
conducente del suddetto veicolo e secondo la normativa generale dell’art. 2043,
2056, 1227 c.c., anche il pregiudizio all’integrità fisica che il trasportato
abbia subito in conseguenza dell’incidente, tenuto conto che il comportamento
dello stesso, nell’ambito dell’indicata cooperazione, non può valere ad
interrompere il nesso causale fra la condotta del conducente ed il danno, né ad
integrare un valido consenso alla lesione ricevuta, vertendosi in materia di
diritti indisponibili (cfr. Cassazione 1816/1982).” – Cassazione n. 4993 11
marzo 2004
Cassazione
civile n. 18177 del 28.8.2007
Cassazione
n. 2531 30 gennaio 2019
Le informazioni sono di carattere generale e non esaustivo.
Per aggiornamenti legislativi o casi specifici è sempre consigliabile la
consulenza di un professionista
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